Cogito ergo voto

martedì, marzo 13, 2007

Chi è che decide?

Si parla tanto di Vaticano, che sta continuando ad esprimere la propria opinione contro la LEGGE sulle unioni omosessuali.Oggi ne esce una nuova dalla bocca di Benedetto XVI.
Tratto da La Repubblica:

"Politici e legislatori cattolici consapevoli della loro grave responsabilità sociale" non devono votare leggi che vanno contro "la natura umana". Il Papa nell'esortazione post-sinodale Sacramentum Caritatis richiama i cattolici alla coerenza anche in Parlamento, chiedendo di sostenere "valori fondamentali come il rispetto e la difesa della vita umana", della "famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna".
E ancora con questa storia che l'omosessualità è contro natura. E qui chiede anche rispetto e la difesa della vita umana. Ma io mi chiedo. Ma gli omosessuali non sono vite umane? Chi da il diritto al Vaticano di dichiarare che una legge a favore degli omosessuali è contro il rispetto e la difesa della vita umana? Siamo sicuri che chi manca di rispetto siano gli omosessuali e coloro che votano quella legge in Parlamento?

"Matrimonio e famiglia sono istituzioni che devono essere promosse e difese da ogni possibile equivoco sulla loro verità, perché ogni danno arrecato ad esse è una ferita alla convivenza umana come tale". "Troppo grande è il bene che la Chiesa e l'intera società s'attendono dal matrimonio e dalla famiglia per non impegnarsi a fondo in questo ambito pastorale".
Ancora con questa storia della famiglia. Stiamo diventando ripetitivi.
E poi la famiglia nessuno la tocca.
Nel testo del Sacramentum Caritatis Benedetto XVI sottolinea la necessità, da parte dei cattolici che ricoprono ruoli pubblici, di dare "pubblica testimonianza della propria fede". Soprattutto quando è il momento di prendere "decisioni in proposito di valori fondamentali" e per "la promozione del bene comune in tutte le sue forme".
Alla faccia dei Patti Lateranensi. E poi chi fa una legge per dare alcuni diritti di cui, laicamente parlando, è giusto che una coppia di qualsiasi genere debba godere, non promuove il bene comune?

E per concludere in bellezza:
"E' bene - scrive nella sua prima Esortazione Apostolica - che tali celebrazioni siano in lingua latina; così pure siano recitate in latino le preghiere più note della tradizione della Chiesa ed eventualmente eseguiti brani in canto gregoriano". E i futuri sacerdoti "fin dal tempo del seminario" siano preparati a celebrare in latino, "nonché ad utilizzare testi latini e a eseguire il canto gregoriano".
Un sano ritorno al Concilio di Trento, 1545.
Già la chiesa sta avendo crisi di fedeli. Mettiamo pure la messa in latino, lingua morta da 500 anni, e tenuta in vita fino ad allora solo grazie alla chiesa e a pochi eletti nelle corti dei signori che scrivevano opere per dotti.
Alla faccia del 2007.

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